Dall'Islam a Prometeo by Emanuele Severino

Dall'Islam a Prometeo by Emanuele Severino

autore:Emanuele Severino
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2014-11-30T16:00:00+00:00


5.

Infetti il Prometeo incatenato mostra la trasformazione essenziale dell’Eroe. Non semplicemente nel senso che da libero diventa schiavo e gravato dalla sofferenza, ma nel senso che da Eroe della téchnè («tutte le téchnaì sono date da Prometeo ai mortali»: pàsai téchnai brotóisin ek Promèthéos, v. 506) si trasforma in Eroe della somma sapienza. La somma sapienza (sophià) mostra «nella luce» (saphos), perché la luce somma consente di vedere la stabilità che compete a ciò che essa illumina, ossia il suo stare nel modo che non può essere altrimenti (ouk endéchetai állos échein, dirà Aristotele). E la luce illumina ciò che sta, perché essa stessa sta. I Greci chiamano epi-stemè la luce che illumina stabilmente ciò che sta. episteme illumina stabilmente la Necessità, cioè il Senso stabile del Tutto, l’arche divina di tutte le cose; e consente di sopportare il dolore e l’angoscia che provengono dall’instabilità delle cose e dell’uomo — l’instabilità per la quale gli eventi annientanti irrompono, imprevedibili, dal nulla. («Tutto ciò che mi si fa innanzi mi riempie di terrore»: pàn moi phoberòn tòn prosérpón, v. 127).

L’angoscia e il terrore - il phoberón - che avvolgono Prometeo dinanzi al divenire del mondo sono lo stupore angosciato, lo thàuma da cui, dicono Platone e Aristotele, nasce la filosofìa. Nel primo coro dell'Antigone di Sofocle si dice (vv. 332-333) che la più angosciante e inquietante - tò deinótaton — delle cose angoscianti e inquietanti è l’uomo; e Prometeo, dando tutte le téchnai ai mortali, ha reso l’uomo la più inquietante delle cose, cioè ha fatto dell’uomo ciò che per l’uomo è il culmine dello thaùma, cioè lo thaumastótaton. Raccontando il proprio esser l’origine delle téchnai dei mortali, Prometeo dice infatti alle Oceanine che il thaumdzein è l’atteggiamento che si addice a chi sta di fronte alla sua opera (mou klyousa thaumàsèi pleon, v. 476).

Ma l’episteme consente all’uomo di oltrepassare lo thaùma che egli prova di fronte all’imprevedibilità del divenire. La visione luminosa della Necessità, cioè del Senso stabile del Tutto, è infatti la previsione del significato essenziale che ogni possibile evento, sopraggiungendo, porta con sé. La previsione epistemica anticipa il futuro e domina la totalità del tempo. Il contenuto divino dell'episteme è la Legge suprema, Dike, a cui tutte le cose sono sottoposte con Necessità. Il contenuto dell’ episteme, è la Necessità, la cui potenza è inespugnabile. Nessuna téchnê può vincere la potenza della Necessità.

In quanto l'episteme è la suprema previsione, l' epistasthai dell'epistemë, muovendo dalla (ek) visione del divenire del mondo, si protende in avanti (prò), e dunque è un pro-ek-epistasthai, cioè un prouxepistasthai. Quasi le prime parole di Prometeo dicono: pànta prouxepistamai skethrosytà méllonta (vv. 101-102): tutte le cose future l'epistêmë mi consente di prevedere saldamente. E aggiunge: «Nessuna sventura (pema) può giungermi imprevista (potàinion). È necessario (chré) che la sorte che è destinata sia sopportata nel modo che è il più agevole, quando si conosce che la forza della Necessità (tes anankês) è inespugnabile»: oudé moi potàinion pem' oudèn hexei. Ten peprôménën dè ehre âisan phérein hôs hrâista, gignoskonth* hóti tò tes anânkës ést’ aderiton sthénos (vv.



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